di Moreno Marazzi

<<Non siamo nati per leggere>>, così afferma nel saggio ‘Proust e il calamaro’ la neuroscienziata americana Marianne Wolf. L’invenzione della scrittura risale ‘appena’ a qualche migliaio di anni, una tappa troppo vicina a noi per supporre che l’uomo sia geneticamente programmato per leggere.

Sappiamo che l’uomo è dotato di geni e aree cerebrali specifiche per il linguaggio, ma il nostro cervello non è provvisto in partenza di strutture specializzate per la lettura.

Il francese Stanislas Dehaene, professore al Collège de France, parla addirittura di ‘paradosso della lettura’: l’uomo non è programmato in anticipo per leggere, ma il nostro sistema visivo è così abile da sembrare perfettamente adatto al ‘nuovo’ compito. Dehaene ha ipotizzato che nel lasso di tempo intercorso dall’introduzione della scrittura, sia avvenuta nell’uomo una sorta di ‘riciclaggio neuronale’. Alcuni dei nostri circuiti neuronali, innati e inizialmente adibiti al riconoscimento degli oggetti nell’ambiente, si sarebbero riconvertiti per specializzarsi nel riconoscimento della parola scritta, dando così luogo a dei veri e propri ‘neuroni della lettura’. La plasticità cerebrale avrebbe poi favorito la formazione di nuove vie nervose che collegano queste particolari aree con quelle del linguaggio e con altre zone cerebrali.

Il processo di riconversione sarebbe stato dunque lungo e difficile, il che spiegherebbe il motivo per cui alcuni bambini incontrano delle difficoltà a volte insormontabili nell’acquisizione di lettura e scrittura. Diviene così evidente quanto sia importante supportare nei bambini fin da piccolissimi tutte le attività in grado di favorire questa formazione ex novo dei circuiti neuronali su cui si basa l’apprendimento della lettura.

Utilissimo quindi l’ascolto di favole e filastrocche perché, per citare ancora una volta Marianne Wolf, <<Un bambino impara a leggere per la prima volta quando viene preso in braccio e gli viene letta una favola>>. Non è mai troppo presto per ascoltare una buona lettura: che si tratti delle storie di Pimpa, dei racconti di Rodari o delle avventure del capitano Nemo, quanto più numerose saranno le occasioni di ascolto, tanto più i bambini si troveranno avvantaggiati quando arriverà il momento di imparare veramente a leggere. Alcuni ricercatori californiani hanno calcolato che un bambino a cui non viene mai letto arriva alla scuola primaria avendo ascoltato ben 32 milioni di parole in meno rispetto ad un bambino a cui viene letto abitualmente. E non è solo questione del numero di parole non ascoltate: la lettura porta a familiarizzare con le strutture della sintassi e favorisce l’acquisizione di concetti, situazioni e legami logici, un bagaglio prezioso per il futuro lettore. Buona lettura!

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