di Yvonne Bindi

La parola design arriva nell’italiano nei primi del Novecento e proviene dall’espressione inglese industrial design che si afferma in Inghilterra in seguito alla rivoluzione industriale.

Il processo che la porta nella nostra lingua è curioso e ci aiuta a capire perché il linguaggio è un elemento fondamentale del design.

Design infatti, deriva dall’italiano disegno. Alcuni inglesi che avevano studiato nelle scuole italiane di arte, infatti, iniziarono intorno al XVII ad usarla sul modello della nostra parola disegno: una parola polisemica e speciale. Il disegno come lo intendiamo noi, è infatti un’intenzione, uno scopo, un piano e dunque un progetto oltre ad essere una rappresentazione grafica, fatta in genere a mano. Nessuna parola inglese aveva la capacità di esprimere questi due concetti, uno manuale e uno mentale connessi tra loro dall’idea della progettazione. Così da disegno, attraverso l’intermediazione del francese dessein che fornisce più che altro materiale per la pronuncia, nasce la parola design.

Dai primi del novecento la parola torna in Italia, mutata nella forma e nel suono e arricchita dai tratti che gli ha attribuito la rivoluzione industriale. Il design italiano è agli albori e la parola ha una diffusione straordinaria negli ambiti della produzione di oggetti di stile come le automobili, gli elettrodomestici, gli elementi di arredo, fino a giungere ai giorni nostri quando la ritroviamo nella moda, nella comunicazione e infine anche nella progettazione di servizi e interfacce.

Il design in questo senso è inteso come progettazione e realizzazione di interazioni piacevoli e funzionali. Dietro ogni interazione strategica ci sono intenzione, pianificazione, proiezione verso un risultato e le scelte materiali per raggiungerlo: elementi audio e video, colori, forme, posizioni, relazioni tra parole, simboli e oggetti.

Per progettare buoni oggetti e ambienti i designer devono conoscere come si comportano le persone, che rapporto hanno con lo spazio, con il tempo, con forme e colori. Così, chi progetta testi, anche giuridici, interazioni, messaggi e segnaletica deve conoscere:

  • che rapporto hanno i parlanti con le parole,
  • come le usano,
  • come le percepiscono,
  • per quali ragioni le interpretano male,
  • perché certi significati sono più probabili o facili di altri.

Continuiamo ancora a chiamare certe forme di comunicazione semplicemente scrittura, ma non è più sufficiente soprattutto con lo sviluppo della tecnologia e dei nuovi ambienti digitali pervasivi. È ora di pensare a un nuovo approccio più ampio ed adeguato in cui il linguaggio diventa elemento fondamentale del design.

Da questa prospettiva la lingua, anche quella del diritto, rientra negli affari del design perché mette a disposizione i suoi strumenti per creare specifiche interazioni, siano esse tra individui, tra uomo e informazioni, tra uomo e macchine; e trae da quest’approccio principi utili per la progettazione.

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